QUATTRORUOTE | Ecco come si "vive" da piloti
Una contorsione per entrarci. Seduta bassissima. Visibilità poca. Calore assurdo. Cinture che opprimono, fiato trattenuto. Respiri lenti, che ascolti. Unico contatto con la realtà, la voce dell’istruttore seduto in fianco a me. Interfono amico. Intorno, uomini fanno e disfano attorno all’auto con dei gesti così metodici da trasformare il loro operato in un rituale, una catena di montaggio. Metodo: la regola numero uno del motorsport. Un inferno meraviglioso, che inizia con un colpo di paddle nel paddock di Adria, su una Ferrari 488 Challenge Evo di T-MD (Tailored-Motored Days), l’azienda di un imprenditore francese, Philippe Robert, che organizza Track Day pro con istruttore e telemetrista tutti per te. Pilota per un giorno, insomma.
Come quelli veri. Il rumore della giallona ti entra nella scatola cranica. E, forse, non attraverso le orecchie. È un asse questa 488: il pick-up delle gomme slick è pazzesco, senti delle mitragliate secche come fossero biglie lanciate contro il vetro (sono i sassolini sollevati dai pneumatici che picchiano contro la scocca priva di protezioni). Il volante è una cloche. Pietro, il mio istruttore, mi dice dove mettere le ruote. "No troppo angolo, allarga bene e poi chiudi solo alla fine. Falla correre". Che voglia di pestarci dentro, invece… lo ascolto. Ed è meglio così. Non conosco la pista. Il primo stint lo sfrutto in questo modo, per capire dove passare. "La frenata è fondamentale. Pestone a ruote dritte e poi ti inserisci. Ma devi pestare eh…". Spingo forte sul pedale, ma non è ancora sufficiente (scoprirò poi di essere arrivato a 70 bar, quando il loro pilota, nel giro di riferimento, ha superato i 100 bar). Prendo la mano, inizio a spingere: avrei voglia di spaccare il mondo perché quest’auto fa paura. Ma do troppo angolo, troppo gas in uscita (e lei taglia) e non guardo abbastanza avanti come dovrei. Pietro mi fa notare tutto. E aggiunge: "Si vede che sei un motociclista, ti senti sicuro, freni proprio dentro la curva, ma così forse è troppo". Ok, resetto. Però è già ora di far raffreddare i freni e uscire. Mi fermo. Sono madido, ma il sorriso mi esce dal sotto casco. Dopo una tale eccitazione, il calo di tensione fa lo stesso effetto di due calici di vino a stomaco vuoto: parla la bocca e non il cervello. Filtri zero. "Non vai male - conclude - devi solo aggiustare due o tre cosine, ma adesso guardati la telemetria".
Elettrocardiogramma del fare. Così faccio. Davanti a me dei grafici, in fianco Pier Paolo che mi parla in emiliano stretto (che caso…) e sembra un dottore che commenta gli esami del sangue. Tempo 2:09, terzo del gruppo. "Confronta le due curve, la blu è la tua, la rossa è quella del nostro riferimento (reference). Dai troppo gas in questo punto, con lo sterzo così girato vai in 'sotto', non fai strada, è come se frenassi. Prova a spingere un’auto in folle con le ruote dritte e poi invece sterzate. La curva è una bega che ti devi togliere di dosso il prima possibile. Guarda quanto perdi qui e per quanto tempo ti porti dietro quel ritardo". Lo ascolterei ore e ore, però poi vedo un punto dove io passo più veloce del riferimento. Com’è possibile? "Sì, è vero - mi spiega Pier Paolo - ma poi guarda lui come ti recupera e cosa ti dà. Bisogna sacrificare l’ingresso a favore della percorrenza e dell’uscita". Questa roba qui, se non te la dice qualcuno, è difficile da capire da solo. Nelle moto è più semplice, perché quando sei dietro a qualcuno vedi il suo corpo, i suoi movimenti, capisci quando sta per fare qualcosa. E così è più facile seguirlo, imitarlo. In auto è tutto top secret.
Altra vita. Sono più confident, come dicono gli inglesi. Adesso, nel secondo turno, voglio provare a migliorarmi. Stessa trafila per sedermi in quella capsula di tortura e via. Pietro si accorge subito che ho un’altra carica, ma questo è dovuto più al fatto che ora conosco (si fa per dire) la pista. Pesto sul freno, scalo nei punti giusti, sto attento a quel destra bastardo che chiude solo alla fine, cambio prima e non faccio murare il V8: tutta un’altra storia. "Sozza, sei carico eh…", ghigna Pietro. Passo dove devo passare, rinuncio alla staccatona per poi non piantarmi a centro curva, aspetto a dare in uscita: insomma, mi trattengo invece di spaccare tutto. Ecco, questa frase è la sintesi della mia giornata. Avrei pensato il contrario, invece devi trattenerti per spingere solo dove e quando serve. Sono così infoiato che Pietro mi toglie un click del traction, e la giallona diventa più libera. A un certo punto mi parte anche in leggero sovrasterzo, che è un brivido sotto pelle. Non lo so ancora gestire come si deve, ma anche solo provarlo è una vera goduria. Pietro è esaltato, mi dice che sono migliorato tantissimo, più di tutti gli altri. E chiosa: "Vedrai che il tempo che hai fatto ora mi darà ragione". In effetti, il crono è fermo sui due minuti netti, nove secondi meno di prima. Che bello fare sul serio. Grazie Pietro, grazie Pier Paolo. E grazie TMD. Provare un’auto sportiva è un’emozione, ma provarla così è tutta un'altra storia.
Roberto Ungaro - 07/08/2021